giovedì 6 marzo 2014

Ho visto un bel film

C’è già chi si lamenta perché non si parla d’altro, e se ne parla tanto solo dopo che si è guadagnato un mare di elogi e di premi. Pur avendo un passato di cinefilo accanito … e quando dico passato intendo più di sessant’anni di film, era tanto tempo che non vedevo un film così completamente bello. Per chi non lo abbia indovinato sto scrivendo de “La grande bellezza”. L’ho apprezzato per la straordinaria metafora in cui racconta, con sano cinismo ed altrettanto sano scetticismo, e con una buona dose di sarcasmo, che tipo di vita ci siamo ridotti a vivere. Pur incorniciati da questa grande bellezza di cui siamo parte integrante. Non è facile nella cinematografia mondiale imbattersi in un film che sia perfettamente amalgamato in una scenografia, una sceneggiatura, una colonna sonora ed un recitazione che non crea smagliature e perdita di concentrazione. Certo “la fotografia” che scatta Sorrentino di un certo tipo di presente è talmente realistica da essere squallidamente attuale. Ma, tant’è! Questo non toglie niente alla bellezza del film. Abituati come siamo, o come sono, a vedere pellicole,  in tv, al limite della scemenza in cui si agitano fatti e personaggi che altro non sono che fotocopie di cose viste e riviste, così che la sorpresa di trovarsi di fronte ad un uso così sapiente dello “strumento“ cinema, esalta, diverte e ti fa riflettere sull’immagine che trasmette della nostra vita. Allora, non tutto è perduto! La volgarizzazione e l’uso commerciale del cinema, importante perché crea lavoro ed economia, ma deludente per l’accrescimento culturale dello spettatore, resta confinato ad un livello di accoglienza, se pur esaltato dai dati di share, paragonabile ad una tintura da parete confrontata con un quadro di Raffaello. E’ certamente facile definire come film d’avventura pellicole come Rashomon, in cui lo spettatore vede un alternarsi di situazioni che superficialmente lo attraggono, ma lo tengono lontano dall’essenza del messaggio di Kurosawa, che cerca, in questo film, di approfondire concetti come “verità” e “pietà”. Così altrettanto facile scimmiottare il titolo definendolo come “la grande bruttezza”, oppure, pensando solo a Roma, definirlo “la grande monnezza”. 24 ore di scemenze televisive utilizzate esclusivamente per essere supporto di pubblicità, rendono insensibili chiunque alla bellezza. Nella trasmissione di certe pellicole bisognerebbe che le emittenti avessero il buongusto di non interrompere la proiezione con filmati pubblicitari. Nonostante che questo sia il loro mestiere. Cosi come accade nella trasmissione di una sinfonia, impensabile immaginare la pubblicità di una qualunque cosa, tra un “allegro” e un “andante”! Forse ancora non si ha la sensazione di quanto siano deleteri certi costumi, tanto che né ci si stupisce più quasi di niente, né si riesce a capire la bellezza nelle sue migliori espressioni. Che poi a qualcuno sia venuto a noia il sentirne parlare oppure, ad altri, il film non sia piaciuto, non cambia la oggettiva bellezza dell’opera.

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