martedì 29 aprile 2014

da Vienna a Mauthausen

Venivo da Vienna,

 in macchina ed ero diretto ad Innsbruck, dove mi sarei fermato qualche giorno. Viaggiavo su una MGb cabrio nera, con la capote aperta in una splendida giornata di sole. Sia io che mia moglie eravamo tranquillamente sereni. La vacanza viennese era stata bellissima. Per di più, io goloso del gulasch, avevo trovato un restaurant chiamato “clinica del gulasch” dove di questo piatto facevano autentiche opere d’arte!.
Era più o meno mezzogiorno quando ci fermammo ad un grill sull’autostrada, vicino ad Enns, non perché avessimo fame, ma per non perdere l’abitudine ad un buon pasto, a base di gulaschsuppen e pane nero, roba completamente fuori dalle nostre diete. Sedendoci vicino ad una giovane coppia,  notammo sorridendo che erano due giovani italiani in viaggio di nozze, molto carini! Ci rendemmo subito conto che la giovane ragazza aveva sul volto tracce di lacrime e il giovane marito era di un pallore esagerato. Ci facemmo coraggio e chiedemmo se avremmo potuto essere in qualche modo d’aiuto Ci sorrisero, scuotendo la testa, e ci raccontarono di aver avuto la pessima idea di andare a visitare Mauthausen.
Restai colpito. Per quel poco che ne sapevo credevo fosse in Germania. Invece, no. Era lì, a pochi chilometri da Enns.
Andammo a visitare questo incredibile orrore! Ricordo la guida: un belga, alto alto e magro, con tutti capelli bianchi che, in perfetto italiano, ci raccontava di come quel campo fosse attualmente sotto la giurisdizione internazionale, quale era la sua funzione e con una oramai terribile assuefazione ci mostrava i vari ambienti di quello sterminato luogo di tortura. Capimmo l’emozione di quei due giovani incontrati poc’anzi. Tra le cose più orribili un grande pioppeto, completamente recintato …. non sapevano quanti corpi vi fossero stati gettati e non potendo riesumarli e riconoscerli uno ad uno, avevano deciso di lasciarli riposare in quel campo, piantando quello sterminato pioppeto. Dopo oltre due ore risalimmo in macchina con la gola secca ed un pianto dirotto nel cuore. Ma che c’era venuto in mente! Anche se non l’avessimo visitato, quel campo sarebbe stato lì, ugualmente. A mia moglie venne sulle labbra un preghiera, a me, ateo convinto, venne di rivolgermi ad un ipotetico dio chiedendogli come aveva potuto permettere una barbarie simile. Nonostante il caldo ripartimmo con la capote chiusa.
Avevamo bisogno di sentirci protetti.
Oggi, a distanza di tantissimi anni, quando sento presunti uomini politici, in realtà autentici pezzenti che blaterano dall’alto dei loro soldi  o del loro  presunto potere, e con un cinismo indegno di qualsiasi essere umano  ascolto il citare la tragedia dei campi di concentramento, che si è anche abbattuta in tutta la sua tragicità sui quei popoli i cui capi hanno organizzato una tale immondizia, bene, quando li sento blaterare con tanta superficiale leggerezza, provo lo stesso orrore che mi colpì nel vedere i paralumi fatti con pelle umana, i forni crematori, quell’orrido ingresso al campo di Mauthausen, e risento il lamento di quello sterminato pioppeto.

Invoco, proprio invoco i responsabili della comunicazione giornalistica e televisiva perché condannino, con la più acuta violenza delle parole, questi cialtroni, per far capire, anche ai più sprovveduti lettori ed  ascoltatori radio televisivi, quanto siano profondamente farabutti questi personaggi che con il loro pensiero altro non fanno che rendersi  complici di quanto orribilmente accadde tanti anni fa. 

lunedì 28 aprile 2014





Per essere stato uno spettacolo è stato spettacoloso! Dicono le cronache che nel mondo è stato visto da due miliardi di persone. Oddio! Visto che, uno più uno meno, siamo circa sette miliardi … proprio un gran pienone non c’è stato! Va bene che qualcuno aveva altro da fare che starsene a vedere la televisione. Peccato. Peccato perché lo spaccato (pardon per la cacofonia) di quel mondo era interessante. Tra i grandi capi delle grandi nazioni c’era anche il Presidente dello Zimbabwe, che a rigor di legge avrebbe dovuto essere arrestato sulla scaletta del suo aereo, visto che un tribunale internazionale lo ha condannato per qualche sciocchezza. Ma noi umani siamo buoni quando chi fa del male lo fa in serie, ed ammazza più gente possibile in gruppo e non uno per volta. Il singolo omicidio ci fa orrore.  Invece non ci fa neppure un pochino di orrore l’appoggio che qualcuno ha dato a dittatori spietati, per l’occasione sud americani, inventori di un nuovo sistema per far sparire la gente che gli diceva di no: imbarcarli su un aereo e farli scendere in corsa, pardon, in volo sull’oceano. Desaparecidos, circa 30.000 persone, quasi tutti giovani. Anzi l’occasione è buona per una foto ricordo, sul balcone di casa Chissà se si sia trattato del clima, ma nemmeno si prova orrore nell’aver sentito promettere giustizia ( che roba sia non si sa) e poi tornati tra le 146 colonne del Bernini, dimenticarsene. Chi non se ne dimenticava veniva colpito da una fucilata alla schiena mentre diceva messa. A lui, questo prete morto ammazzato, di far miracoli non gliene importava un fico d’india. Un altro di loro, molto simile, diceva: “quando do da mangiare ad un povero mi chiamano santo, quando chiedo perché un povero non ha da mangiare, mi chiamano comunista”. Avrebbero voluto più giustizia qui, su questa terra! Ma come, non ci basta quel grande e spettacoloso spettacolo? A me, si! Mi sono commosso nel vedere tante teste coronate, vestite a festa, con cappellini meravigliosi, sorridere compiacenti e commosse. Re e regine, principi e principesse, presidenti e presidentesse, e poi tanti ma tanti bambini da sbaciucchiare! Attenzione! Ci sta, perché così è, che tra i due miliardi di persone che hanno visto questo spettacoloso spettacolo ci sia qualcuno che ha una incrollabile ed indiscussa fede in ciò che vede e sente. A costoro va tutto il mio sincero applauso, privo di qualsiasi commento e critica. Anche se immagino, del mio giudizio, non sapranno cosa farsene.
La fede, quando è fede, è una cosa seria che nessuna malafatta umana distrugge, che nessuna razionalità scalfisce. Giustamente.
Rispondeva Krishna ad Arjuna, qualche migliaia di anni  fa, che vedere gente pregare divinità diverse da lui, non lo turbava, era sufficiente che la preghiera fosse sincera.
A volte le cose cambiano, soprattutto se c’è un gruppetto di astuti che di queste preghiere ne fanno come di ogni erba un fascio e con questo impediscono ai loro oranti una vita terrena felice in cambio di una vita eterna eternamente felice, previo pagamento di una quota perenne di iscrizione al loro circolo religioso. Diversamente al Bernini, ed a tutti gli altri bernini, chi avrebbe pagato le 146 statue e tutto quel colonname?! E meno male che almeno queste ancora oggi ci sovrastano con tutta la loro bellezza!
Prevengo una domanda. Se a te, cioè a me, tutto ciò non interessa per quale strana ragione te ne occupi? Perché, eccovi la risposta, ritengo che la fede religiosa sia una cosa seria e che dovrebbe essere amministrata e governata da gente seria. Gente che non debba permettere a milioni di persone di gettarsi nel fiume Gange per purificare il proprio animo, che non si possa permettere di mistificare la parola di un qualcuno che centinaia di anni fa dava all’umanità un indirizzo di vita di straordinaria profondità, solo per arroccarsi in un castello da dove sparare assurdi dogmi, rivestendoli di infallibilità ed altri curiosi tessuti di parole: eresie, apostasie, scomuniche, perdoni e confessioni, unzioni e via narrando!

La cosa tuttavia mi rattrista e mi incuriosisce!

giovedì 24 aprile 2014

Discorso della servitù volontaria - Etienne de la Boétie

In Francia regnava quell’ Enrico II, detto il Galante, che sposò nel 1533 Caterina de’Medici. Si racconta che politicamente si facesse guidare da una sua amante, Diana di Poitiers, la quale si prese poi cura di una  figlia che Enrico ebbe da un’altra sua amante. Un bell’ambiente!
In Inghilterra nasceva in quegli anni, dal matrimonio del poco gentile (!) Enrico VIII e Anna Bolena, la futura Elisabetta I, la cosiddetta regina vergine.
A Roma, Alessandro Farnese, il 12 ottobre del 1534 fu eletto papa (Paolo III) e regnò fino al 1549. Pasquino scrisse a suo epitaffio: “in questa tomba giace un avvoltoio cupido e rapace/ Ei fu Alessandro Farnese, che mai nulla donò e tutto prese/ Fate per lui orazione, poveretto, morì d’indigestione.”
Seguì, dopo lunghe diatribe, tal Giovanni Ciocchi dal Monte nel 1550, (col nome di Giulio III) e regnò fino al 1555. Altalenò momenti riformistici a rigidità esclusive fino ad inaugurare nel 1559 il terribile Index Librorum Prohibitorum.
Anche per chi ha una infarinatura della storia dell’Europa della prima metà del 1500 si può rendere conto dell’ambiente in cui nacque e visse, per solo trentatre anni, Etienne de la Boétie. Nato nel 1530 a Sarlat, morì a Germignan in Gironda nel 1563.
Un assoluto e grande filosofo che, a solo diciotto anni, scrisse un piccolissimo libro da cui si iniziò una profonda rivoluzione culturale e politica in Europa. A solo diciotto anni! Michel de Montaigne lesse il suo manoscritto dal titolo: Discorso della servitù volontaria e ne rimase stregato! Lo definì come “il più grande pensatore del suo tempo”. Ed è proprio riferendosi al tempo in cui Etienne de la Boétie visse che se ne può percepire la grandezza del suo spirito e l’analisi profondamente vera, sia del potere sia di chi il potere lo subiva e, ad oggi, inimmaginabile, continua  a  subirlo. Suoi coetanei o quasi: Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam, Machiavelli. Un secolo incredibile il 1500! L’inizio di quella rivoluzione che nel corso dei secoli portò buona parte dell’umanità europea a prendere coscienza di sé, liberando i migliori pensatori dall’oppressione totalitaria dei monarchi-tiranni e dai dogmi soffocanti della Chiesa Cattolica.
Anche, come si sa, a costo della vita, come Giordano Bruno e tanti altri.
Nelle 37 pagine del Discorso della servitù volontaria nella edizione della Universale Economica Feltrinelli (gli va subito detto un bel grazie!) che  ho letto e riletto d’un fiato, scoprendo il perché un spirito libero come Montaigne  lo indicasse, nei suoi Les Essais, come un grande filosofo. Poche pagine per analizzare il perché del successo di re e di tiranni, uomini soli che governano con mano pesantissima intere masse di uomini e come questi si assoggettano al potere per la propria incapacità di resistere all’ansia della dipendenza, per la paura che incute loro la libertà. Nel corso della storia già altri grandi pensatori avevano espresso questa verità, ma mai in così poche e chiare parole. Basti pensare alla grande metafora platonica della Caverna,  dove alcuni uomini liberati dalle catene mal si adattano alla libertà conquistata. Sostiene De La Boètie che gli uomini amano le proprie catene considerandole come simbolo della propria libertà. Vedono nella propria dipendenza da un re o da un dittatore l’unica possibilità di essere liberi! Per eccesso si potrebbe pensare all’aforisma popolare che recita come il lavoro nobiliti! Gli esempi che sviluppano questa sua tesi, Etienne De La Boétie, li prende dal mondo antico e dal mondo della Roma imperiale con analisi che sfatano i luoghi comuni di cui è infarcito il nostro modo di raccontare la storia. Non dando a Cesare quel che è di Cesare ma restituendo a Bruto quel che è di Bruto!
“Impariamo dunque una buona volta, impariamo a far bene. Alziamo gli occhi al cielo, per il nostro onore o per amore della virtù, o per parlare con cognizione di causa …”
Parlare con cognizione di causa! Questa la raccomandazione, l’invito finale che Etienne De La Boétie, scrive più o meno diciottenne, nel 1548!
E, noi?! Noi abbiamo, da una settantina dì anni a questa parte, resuscitato in tutto il mondo, dopo la sua nascita in Atene ed un sonno di 2400 anni circa, un “giocattolo” chiamato “democrazia”. Così come fanno i bambini con i loro giocattoli, ci divertiamo a spaccarlo, per vedere cosa c’è dentro, e poi a riattaccarlo per vedere se funziona!

martedì 22 aprile 2014



L’età giusta per una bella scoperta! ( da una riflessione di Alberto Forchielli)

Non lo ricordo con esattezza anche se, per me, data l’età che ho, dovrebbe essere  più facile ricordare il passato remoto che non un passato, purtroppo nemmeno tanto recente! So per certo che non è mai stata una materia trattata a scuola. Né, penso, lo sia ora. Da crederci o no, da sempre ho pensato che, insieme ad altri sbagli, il non trattare a fondo tale materia,  sia stato e sia  un grossolano e pesante errore. Più o meno a diciotto anni sono uscito dal liceo classico. Avevo una straordinaria infarinatura su buona parte dello scibile, ma quello che scoprii quell’estate fu la conclusione felice di tante dicerie, di tante chiacchiere, di tante barzellette e pessime informazioni, su cui qualcuno mi stava erigendo monumentali  sensi di colpa. Meno male che li rifiutavo in partenza! Tant’è che non peggiorai la mia miopia! Cosa accadde quell’estate non lo racconto, anche se, quella vicenda, la ricordo nei minimi particolari: probabilmente perché me la sono rivissuta una infinità di volte. Come ci arrivai? Più che altro per sentito dire! E poi prosegui per quella strada, di vicenda in vicenda, senza, se non nel tempo, averne cognizione di causa! Mi domandavo allora e mi domando oggi: perché non se ne insegna a scuola, per classi e livelli di studio, sempre più approfonditi,  i molteplici evolversi dell’ “oggetto” di cui sto parlando!
Dell’amore, dell’amare e del sesso!
Su Garibaldi, Manzoni e Torquato Tasso, come sugli angoli retti o isosceli e così sui fiumi ed i monti della terra, siamo debitamente edotti, ma su come e cosa porta gli umani ad innamorarsi ed amarsi non s’insegnava un bel nulla, o si insegna neppure oggi.
Non si può insegnare cosa sia l’amore e perché ci si innamora! E chi l’ha detto? Ci sono due strade. Una storica: la storia dei sentimenti che uniscono tra loro gli umani attraverso le migliaia di esempi che affollano la letteratura,   la musica e l’arte di tutti i tempi. Con  le più approfondite analisi psicologiche possibili, ivi comprese quelle dell’evoluzione dei costumi, da Sherazade a Romeo e Giulietta o a Julie e Jim. Abituare a capire cosa accade alla nostra pelle, anche solo statisticamente, quando la visione di una lei o di un lui, ce la fa accapponare! Abituare lo scolaro a distinguere il bello dal bello oppure il brutto dal brutto, anche perché non c’è quasi mai niente che sia completamente o l’uno o l’altro ed abituarlo a capire l’amare o l’innamorarsi. Molti direbbero che in questa erudizione se ne perderebbe il contenuto emozionale e sentimentale. Secondo me se ne rafforzano i valori fondanti a scapito di librerie di piagnistei. Non solo quelli del giovane Werther ma anche quelli del vecchio Faust.

L’altro aspetto dell’amare è il “cosiddetto” sesso. La moda di oggi:  fare sesso significa   dirsi cresciuti,  affermare la propria personalità a se stesso od al partner, liberarsi da una stupida costrizione che pretende, o pretendeva, solo la fanciulla vergine, calmare la propria fame, magari con una orrida violenza. Ecco, fare sesso così è come nutrirsi senza sapere cosa si mangia, senza gustare il cibo, dissetarsi alla qualunque e non con dell’ acqua pura o del buon vino! La conoscenza dei corpi, dei loro bisogni, delle loro reazioni, del perché la femmina è così e il maschio cosà, dovrebbe indicarci oltre alla consapevolezza e la conoscenza di noi stessi anche, e non ultimo risultato, il rispetto del corpo altrui e del proprio L’utilizzo e lo sfruttamento intelligente e consapevole dei corpi per il piacere che questi danno, e non solo l’uso per perpetuare la specie. Analizzare a fondo le reazioni che sia possibile generare e non quelle impossibili, descritte da autori che spesso non sanno di cosa parlano; sapere come si da il piacere e cosa se ne riceve, da questo strumento che abbiamo a disposizione, il nostro corpo,  e non solo a vent’anni ma anche ad ottanta! La progressione dell’amare e come l’amare vada gustato in tutte le età dell’umano: se nei primi anni puoi fare indigestioni con mangiate pazzesche così, come ad ottanta anni, un buon e saporito toast ti può togliere  la “fame”!  L’uomo, l’uomo e la donna, vanno istruiti e coltivati scientificamente ad essere tali, perché solo la conoscenza rende consapevolmente, e non ingannevolmente, felici!  Certo esistono da sempre correnti di pensiero che ti impongono sacrifici terreni in nome di curiose felicità eterne; ma questo è lo scotto che l’umano si trova costretto a pagare, a se stesso, come fosse la scalino di una lunga scala in cima alla quale già molti, i più, intravedono la realtà del de rerum natura. Anche se, da diverse migliaia di anni, in cima alla scala, è già arrivata una felice moltitudine di uomini e donne.

mercoledì 16 aprile 2014

La guerra delle ciabatte

Resto esterrefatto. Così resta qualcuno che, per caso, si affacci alla finestra di una  “cameretta” e dia un’ occhiata sull’universo. Anzi, già che c’è e soprattutto se non c’è nebbia, la dia sull’ipotesi dei molti universi. Cioè guardi oltre la tendina della sua finestra sulla realtà in cui si muove la sua “cameretta”! Naturalmente oltre a guardare riesca anche a pensare e, pensando, valutare il caos inutile e incomprensibile che ha alle spalle.
Avuta questa visione, senza perdersi d’animo di fronte ad una così infinitamente immensa realtà, questo signor qualcuno cerchi un'altra piccola finestrina, ne scosti la tendina, di destra o di sinistra, non fa differenza e si affacci dentro se stesso. Potremmo suggerirgli cosa vedere, e guardarlo attraverso la visione del girovagare della sua cameretta al di fuori della prima finestra su cui si è affacciato. Andiamo per fotogrammi: la sua ciabatta sinistra contesta alla ciabatta destra la posizione dal lei giudicata inappropriata e alleandosi con la vestaglia a pois, appesa all’attaccapanni, dichiara guerra. Scoppia una guerra fratricida tra ciabatte con l’intervento della vestaglia che in realtà si muove per favorire uno scendiletto, il cui vero obbiettivo è vago ma determinato ad affermare la sua superiorità su una piccola sdraio un po’ consumata dal tempo. Sull’altro lato della cameretta gli appare una strana figura umana intenta a tessere una tela di cui non saprà mai cosa farsene. La figura sospira di nostalgia ricordando i tempi passati, gli amori infelici, la povertà in cui vive una vita ricca di grandi soddisfazioni perché in ogni momento può infilarsi le ciabatte e zampettare per casa. Per di più ha superato la paura che gli incuteva la fine della sua vita perché vedendo che ciò accadeva ai suoi simili, e quindi doveva essere cosa naturale anche per lui. Ogni tanto questa figura si alza in piedi, fa un bel discorso a se stessa, da una occhiata distratta all’interno della finestra e pensa tutto il male possibile della sua “cameretta”, ignorando tutto quello che la circonda.
Sono e resto esterrefatto dall’idiozia mia e del mio immaginario abitatore di questa ipotetica stanzina. Non valutiamo, non crediamo, non ci interessa guardare e vedere cosa c’è oltre quella finestrina! Valutiamo, crediamo e siamo interessati solo alla nostra cameretta, alle sue ciabatte, alla vestaglia a pois, allo scendiletto, a quella strana figura nostra simile ed alle sue agitazioni.
Ci sommergiamo di problemi talmente innaturali, ci creiamo paure ed angosce e di tutti i tipi, ci configuriamo realtà in cui ci è difficile credere ma le erigiamo su fantascientifici altari solo per il gusto di farci del male. Ci configuriamo destinati a sentimenti d’amore travolgenti che ci fanno vivere solo pochi attimi della nostra intera vita.
Se, guardando oltre noi stessi, con la visione dell’universo e degli universi in cui si agita la nostra cameretta, riuscissimo a sederci sul davanzale di questa finestrina potremo gioire nell’assistere alla meravigliosa realtà in cui ci è dato di vivere. Così capiremmo che le battaglie delle ciabatte, il dibattersi nelle angosce della figuretta alle nostre spalle, non turberanno più la nostra felicità del vivere.

martedì 15 aprile 2014

C’è del marcio in Danimarca …

come è vero che c’è del Teatro a Portoferraio! Ho scritto teatro con la T maiuscola. Un primo applauso, da appassionato del teatro quale io sono, va alla signora Emanuela Bonfiglioli. Si nota subito che questa signora ha una sponsor eccezionale, che le permette di mettere in scena un’opera così magistralmente piena di idee intelligenti, commoventi ed emozionanti. Sponsor che pochi hanno e che sono in grado di accogliere con dolce sapienza. Questa straordinaria sponsor si chiama “passione”! Ero seduto, domenica sera, il 13 Aprile scorso, nella platea di un gioiello di un antico teatro, in quel di Portoferraio, riportato alla gloria, mi dicono, nientemeno che da Napoleone (a riprova che qualcosa di buono l’ha fatto anche lui) per assistere alla “recita” di una trentina di giovanissimi studenti.
L’Amleto di Shakespeare, per di più!
Erano anni che non “godevo” così intensamente sia per l’interpretazione della figura di Amleto, espressa da sette o otto Amleti, ragazze e ragazzi, interpreti, bravi, divertiti e divertenti pur nei mille stati d’animo di questo fondamentale personaggio del teatro shakespeariano. 
Fondamentale come ognuno di noi lo è per se stesso. Perché questo è il motivo della trascrizione di Amleto messa in scena: una ricerca dentro se stessi per trovare quell'equilibrio che la drammaticità della vita tende a sconvolgere. Certo non a tutti capita la tragedia di Amleto; ne, a tutti, viene in mente di fingersi pazzo per sconfiggere e punire i nemici veri o i nemici che ci costruiamo con il nostro modo di essere. Non mi addentro oltre ad aggiungere mie parole a parole antiche e sagge. Solo mi compiace a distanza di qualche ora, e sarà così in futuro, ricordare con ammirato piacere questa curiosa e preziosa esperienza elbana, fatta di una profonda ed originale interpretazione dell’Amleto, della straordinaria passione della signora Bonfiglioli, della bravura di questi ragazzi giovanissimi ed appassionati che, all'ultimo scrosciante applauso, si sono esibiti in una divertentissima danza liberatoria, una danza di guadagnata felicità.
Sottolineo come non solo il “resto sia silenzio” ma come a volte il “silenzio” esprima con profonda sensibilità cose per cui le parole sono inutili. Mi riferisco a quel dolcissimo e sofisticato volo di Amleto ed Ofelia, come due farfalle una su l’altra, che si muovono in un silenzio sottolineato a tratti da sensibili note di musica. Emozioni da pelle d’oca!
Non dimentico certo di applaudire un altro bellissimo “personaggio”, Michele Tumiati, che, incorniciato da barba e capelli quasi d’argento, ha scelto ed accompagnato il tutto con  musiche talmente giuste da essere in realtà  anch'esse protagoniste della scena! Bravissimi Tutti!
Un unico rammarico! Che una operazione teatrale così ben amalgamata non possa essere goduta in città e teatri di maggior ampiezza. C’è tanto bisogno di ottimo teatro, soprattutto quando come in questo caso, c’è solo la passione che lo sponsorizza!    

giovedì 10 aprile 2014

Fb: tra l’utile ed il futile

Non che mi dispiaccia! Anzi, ci faccio delle gustose passeggiate. Se dicessi che me ne dispiace o, al peggio, che mi scandalizzano sarei un campione di ipocrisia. Tuttavia me ne chiedo e ne chiedo il perché della continua pubblicazione. Ritenendomi un buono mi do una spiegazione di carattere estetico, e mi dico: questi esteti sono proprio dei meravigliosi buongustai perché, quasi sempre, pubblicano fotografie di donne giovani e bellissime, molto eleganti, anche quando sono seminude, e soprattutto ottime foto, le più belle in bianco e nero. Dov’è, allora, la mia questione? E’ nel fatto della quantità di immagini e nella quantità, apparentemente senza distinzioni di genere, di coloro che pubblicano tutte queste bellissime foto. Continuo a domandarmi il perché uno/una si metta a cercare su riviste, giornali o su altri fornitori d’immagini, foto di femmine più o meno nude, più o meno piacevoli e poi le spari di qua  e di là. Mi fischia negli orecchi un suggerimento: non le guardare! Anzi, le guardo con piacere anche se, molte volte, sono ripetitive e rubacchiate da una parte e inserite da un'altra parte. Un'altra voce mi dice che si tratta di persone che si espongono ed espongono per trovare un  contatto perché sono in vendita. Eh! Dico io! Mai possibile che si metta la foto di una extra bellezza perché è in vendita, oppure perché si vende qual cosina di un po’ peggio, e così si attira l’attenzione… ma dai!
Un'altra voce dice: la visione di tante belle f ..anciulle, aizza compratori e … solitari! Sui compratori ne intuisco il guadagno intermediario, almeno di sponda, ma sui solitari …!!
Gira e rigira non trovo spiegazioni che soddisfino la mia curiosità!
A meno che … e non voglio crederci … perché se così fosse fb sarebbe una lavagna infrequentabile: esibizione banale per gente che non fa altro che guardare! In attesa di una risposta …
L’altra mia curiosità è attivata dai commenti al momento politico che stiamo attraversando. Momento… un momento che dura da un incalcolabile numero di anni! Tranne rarissimi casi, oggi, il commento o la critica che leggo rivolta agli atti ed alle parole verso chi della politica ha fatto pane, companatico, e progettualità per il prossimo, sono a dir poco, prive di qualsiasi “proposta”, indirizzabile a chi sta al timone, a chi sta all’ancora, ed ancor meno per chi deve con proprio voto decidere rotta e nave. In questi casi la critica ed il commento, compresi molti di quelli scritti su carta da giornale, ad imitazione di quelli visti ed ascoltati per radio o tv, stanno all’apertura di una sana discussione e/o riflessione come una scritta su un muro di un lurido cesso sta alla Divina Commedia. Insulsi e volgari, pieni di inviti, tutti monotonamente identici, di andare a fare qualcosa in quel posto che, tra l’altro, fosse realmente in grado di contenere tutta la gente che vi viene mandata, sarebbe grande come il doppio della Terra. Uno di questi geni del dibattito pseudo politico è un personaggio che alcuni definivano come essere stato attore comico, ora trasformato in politico: né l’uno né l’altro. Solo un furbettone che attira suoi simili come certi depositi naturali attirano le mosche!
Questi i problemi o le questioni, una ben lontana dall’altra, che aprendo fb mi saltano agli occhi.
Io capisco bene, ed apprezzo, chi usa questa “lavagna” per parlare di se, del suo modo di vedere ed affrontare la vita. Oppure chi la usa per proporre soluzioni di interesse comune. Una volta, le signorine di buona famiglia confessavano se stesse vergando pagine su un diario segreto. Oggi si può usare fb come una specie di diario che è ancora “segreto”;  di segreto, quasi del tutto sconosciuto, oltre ed a volte il mittente, c’è  senza dubbio il destinatario!
Una ultima riflessione, a proposito di fb, sul frequentissimo “poetare”: spesso, anzi spessissimo noto una vena profonda di grande sensibilità. Leggerle fa bene al cuore ed al cervello: indubbiamente si crede ancora all’amore, e lo si cerca ovunque!
Al di là di frasette e pensierini degni dei Baci al cioccolato!
Mi piacerebbe su questi temi aprire un dibattito sereno e propedeutico con qualche lettore che ovviamente di questi argomenti ne avesse una visione diversa dalla mia.

giovedì 3 aprile 2014

Galileo di John L. Heilbron

J. L. Heilbron, professore emerito di Storia nell'Università di Berkeley in California, ha scritto una biografia dettagliata sulla vita e l’opera di Galileo Galilei. 449 pagine pubblicate per la cura di Stefano Gattei; l’opera termina ponendo una domanda dal sapore sarcastico. Si chiede se sarà possibile che, entro i prossimi 400 anni, la Chiesa Cattolica, ignorando la propria arroganza, riconoscerà i doni divini di Galileo e riparando alle sue sofferenze, lo proclamerà  Santo!? Inoltre pare che si potrebbero riempire centinaia di teche con le reliquie, vere e false, di “san” Galileo!! Non credo che ciò avvenga, per quanto ci si sia incamminati sulla buona strada  con il papato di Giovanni Paolo II, che, chiedendogli perdono lo ha, a sua volta, perdonato. Non sappiamo se Galileo abbia fatto altrettanto, considerando che a lui, della cosa, oramai non importerà più un bel nulla, non soffrirà più né di quella umiliazione, né della gotta.
 A parte queste leggere considerazioni, mentre leggevo, rapito, questa ricostruzione della vita del Galilei, mi domandavo cosa, prima, avessi saputo realmente di questo incredibile personaggio. E non solo di lui, ma anche dei formidabili “comprimari” della sua vita. Uno per tutti, Paolo Sarpi. (Venezia 1552-1623) che nel periodo padovano frequentò Giordano Bruno e  più a lungo, lo stesso Galileo, fino ad essere  arrestato dal Sant’Uffizio, nel 1592, per aver sostenuto la inefficacia dello Spirito Santo. Accenno a questo personaggio perché Heilbron cita la meravigliosa risposta che il Sarpi dette al cardinale Bellarmino – uno straordinario stinco di santo - quando questi gli suggerì di continuare pure a guardare nel suo cannocchiale purché al di là della lente vedesse il Padre Eterno. Sarpi rispose al Bellarmino che tutt’al più vi avrebbe visto un piatto di tagliatelle!! La narrazione dell’Heilbron si muove su un piano strettamente scientifico ma, e con grande efficacia, traccia un diario minuzioso della vita e delle opere del Galilei, strenuo difensore della libertà e dell’indipendenza della ricerca. Da questa narrazione prende vita il ritratto di questo  straordinario umanista quale fu il pisano Galileo.
Proprio nel 1610, con appena sessanta pagine raccolte in un volumetto  dal titolo “Sidereus Nuncius”, Galileo rivelò le scoperte incredibili fatte con il suo cannocchiale, aprendo così la strada all'indagine scientifica e confermando, inequivocabilmente, la teoria copernicana. Un passo decisivo per l’umanità compiuto da un uomo che, per vivere la sua vita e quella dei suoi cari, affittava camere della sua casa agli studenti padovani, costruiva oggetti di misura, insegnava e firmava le sue diagnosi astrologiche ai cosiddetti potenti, definendosi “Devotissimo et Humilissimo servo et vassallo”. Come si apprende, pochi gli aprirono le porte delle case del potere e se qualche casa regnante lo fece, fu solo per misurarsi con altri potentati, e potenti ecclesiastici tra i quali si distinguevano persone come il Bellarmino. Quest’ultimo aveva attivamente preso parte al tribunale che condannò al rogo Giordano Bruno. La sua nomina alla santità o alla beatificazione fu decisa dal Vaticano, quasi 400 anni dopo, all'incirca negli anni del ‘930, per ritorsione contro l’allora governo italiano che aveva rifiutato l’ingiunzione di rimuovere dalla piazza di Campo de’ Fiori in Roma la statua di Giordano Bruno! (Bertrand Levergeois, “Giordano Bruno” Fazi Editore, 2013)
Pensiamo,  leggendo le pagine di questo avvincente saggio, contro quali forze  del male e dell’ignoranza fu costretto a lottare questo gigante dell’umanità, in mezzo alle normali tribolazioni della vita famigliare, gotta compresa!   
Ritengo  intelligente invitare alla lettura di questo determinante libro di  John L. Heilbron, dal titolo “Galileo. Scienziato e umanista” editato da Einaudi. 

martedì 1 aprile 2014

Parliamo di una cosa importante

Attenzione che non sono io a dare tutta questa importanza a quelle cose lì! O meglio: sono perfettamente d’accordo con chi  da loro tutta l’importanza che meritano ed anche un pochino di più. Nell’antichità greca e romana, ai tempi dei grandi saggi da Socrate a Platone fino ai grandi latini come Cicerone ed oltre, nello spaziarvi con condimenti di violenti o dolci innamoramenti, e chi più ce ne ha più ce ne metta, non si faceva distinzione sugli “oggetti” da cui trarre piacere o dare e ricevere affetto. L’amare un fanciullo o una fanciulla da parte di un uomo  e così viceversa da parte di una donna, non destava interesse e giudizi da nessun punto di vista. Adriano, il grande imperatore, s’innamora di un giovinetto e lo deifica costruendogli un grande tempio, una volta prematuramente morto. E Adriano era un uomo che sulle orme di Alessandro il Macedone conquistò tutta l’Europa e parte dell’Asia. Senza dover ricordare il dolore di Achille per l’uccisione del suo amico Patroclo. E neppure parlo di Ulisse e le sue meravigliose ed unidirezionali avventure! Di che parlo, allora? Di quella meravigliosa parte del corpo umano che va sotto la definizione di “organi genitali”. Lo stesso grande Michel de Montaigne lamenta all’inizio del terzo capitolo dei suoi “Les essais”, che di loro, degli organi genitali, non se ne parla per niente. Su di essi, molto recentemente, sono stati scritti montagne di libri, scattate miliardi di immagini, girati kilometri di film. Tutto diviso in categorie ben descritte a seconda di singoli fruitori, sia sani che leggermente ansiosi. Anzi sugli stati d’ansia causati da una mala interpretazione del loro uso ne è nata una feconda scuola d’indagine e di pensiero per opera di un signore viennese, che riuscì ad attribuire loro ogni possibile incubo e misfatto! E loro?! Loro, niente: neppure una parola, un gesto in difesa della loro essenza. Vero è che non hanno il dono  della parola, anche se sanno benissimo come si fa a farsi intendere. C’è da dire, quasi a loro discolpa, che la loro vita nelle ultime centinaia di anni è stata molto imprigionata! Sempre coperti di panni, di stoffe, mai un respiro all’aria aperta … anzi la cosa è vietatissima! Tant’è che, in parte si sono rattrappiti ed in parte si sono impallidite, perdendo gli uni il loro gusto sballonzoloni e le altre quella coloritura rosa che da il vivere all’aria aperta. Tuttavia la  conoscenza della loro essenza, da parte dei più giovani fruitori anziché essere affidata a maestri di grande esperienza che ne indicassero i più godibili e gentili utilizzi, nasce ancora oggi da un auto didattismo che il più delle volte sfocia in un loro pessimo, maldestro  e violento uso. Vengono utilizzati per fare del male, uno dei mali peggiori che esistano come quello di farsi violenza tra di loro, oppure, ed al contrario, sacrificati al non uso, dedicandone questa non funzione ad un qualche divinità di passaggio, magari per far guadagnare al resto del corpo un nirvana qualsiasi od un paradiso, in ambo i casi, indimostrabili! La più grande delle tristezze nasce quando a loro si attribuiscono poteri magici portatori di dannazioni più o meno eterne, ovviamente diaboliche, ma soprattutto dannosissime vita natural durante: perché li costringono ad una non vita di continuo  e deturpante sacrificio. Altra tristezza è quando li si pensa funzionanti solo nelle primavere e nelle estati della vita, addirittura indicandone l’uso, in maniera schifiltosa, quando se ne pensa l’uso negli autunni o addirittura negli inverni  della vita stessa!.

Recentemente ne ho preso da una parte uno, quello che  ho sempre a portata di mano, e chiedendogli se può rispondermi anche a nome dell’altra, gli ho chiesto cosa pensava fosse il meglio per loro. La risposta è stata immediata quasi fosse frutto di un lungo pensare. Essi non capiscono perché i loro portatori non vengono istruiti fin da piccolissimi al loro più corretto e godibile utilizzo. Solo un insegnamento ben fatto e finalizzato alla piena comprensione del reciproco rispetto ed uso evita, da un lato, violenze e pessimi sfruttamenti ed offre, dall’altro, una cosciente e progressiva godibilità dell’apparato. Mi sono complimentato con lui per la sua chiarezza. Sono talmente d’accordo con lui, che mi sono dichiarato disponibile, in condizioni ambientali ottimali, e solo sulla sua controparte a metterci sempre, come si usa dire oggi, a metterci la faccia!!