martedì 26 novembre 2013

Porfirio e “L’antro delle Ninfe”

“L’insegnamento giunge solo ad indicare la via ed il viaggio, ma la visione sarà di colui che avrà voluto vedere”.
Una straordinaria sintesi della filosofia di Plotino, che, a parer mio, andrebbe scolpita sulle mura di tutte le scuole del mondo ed imparata a memoria da tutti gli studenti, soprattutto da quelli che blaterano contro una scuola che “non serve a niente”. Plotino ebbe un allievo straordinario che, come a volte capita, fu superiore al suo maestro, Porfirio. Egli nacque a Tiro, intorno al 230 d.C. e, già trentenne, entrò nella scuola di Plotino a Roma. Tiro era,  nel periodo della sua adolescenza, una città cosmopolita e punto d’incontro con la civiltà orientale ed occidentale. Cosmopolitismo che lo mise in grado di conoscere fin da fanciullo l’ebraico, i mistici caldei, persiani ed egiziani, la letteratura giudaica e fenicia e poi l’astrologia, la matematica... Studiò con Origene a Cesarea, con Longino ad Atene. Fu cristiano e discusse contro i cristiani, manifestando un profondo rispetto per le parole di Cristo ed una altrettanto profonda critica negativa per i suoi discepoli e seguaci. Questo fu essenzialmente uno dei frutti della scuola di Plotino, in cui Porfirio maturò la sua capacità esegetica espressa in tutta la sua produzione letteraria, della quale a noi  - integralmente - è arrivato “L’antro delle ninfe”. Nel 1492 Marsilio Ficino tradusse in latino l’opera di Plotino, di Porfirio e di Proclo. Furono Ficino e Pico, neoplatonici fiorentini, a riscoprire il valore dell’opera di Porfirio.  Poi, nel 1518,  si pubblicò a Roma, curata da Costantino Lascaris, una edizione stampata del “L’antro delle Ninfe”.
Apro una parentesi che si riconduce alla frase di Plotino, citata all'inizio, per segnalare quanto mi sia stato difficile, moltissimi anni fa, apprezzare a fondo Omero nella traduzione dell’Odissea del Pindemonte! Una traduzione che avrebbe avuto bisogno di essere ritradotta per essere fluidamente compresa. Non si usavano, allora nel Liceo Classico, quelle più recenti del Romagnoli, del 1926, o addirittura di Quasimodo, che è del 1945. Leggere oggi “L’antro delle Ninfe” attraverso Porfirio fa capire a fondo la grandezza poetica, filosofica di Omero! Recentemente nel suo “Il mulino di Amleto” Giorgio de Santillana (1983-Adelphi) dimostra come il racconto mitologico non sia la favola  cui siamo abituati ma uno specifico linguaggio, filosofico e scientifico, che si esprime con parole diverse da quelle a cui il progresso e la ricerca ci hanno abituato. L’antro delle ninfe è, nella Odissea, quella caverna, in Itaca, dove Ulisse appena sbarcato e tornato alla sua patria, nasconde i tesori donati dai Feaci. Molti personaggi si sono dati da fare per individuare fisicamente questa famosa grotta, che sinceramente non era facile da trovarsi, prima che Porfirio ne raccontasse la fantasiosa dislocazione! Omero dette forma a ciò che gli veniva in mente non credendo certo che in Itaca vi fosse una grotta con due porte dove, da una  gli umani discendono e dall'altra, salivano gli dei! Grotte – dice Omero - sacre alle Ninfe, chiamate Naiadi. L’antro era indubbiamente la rappresentazione dell’intero cosmo, mentre Ulisse non è se non il simbolo dell’ anima dell’uomo che, viaggiando attraverso il mare, la materia, aspira, al ritorno alla sua casa originale, il Divino. Sottolinea così la fondamentale differenza dell’anima dell’uomo rappresentata, dal un lato, da Narciso che contemplando se stessa nell'acqua,  cioè la materia, se ne innamora e vi resta intrappolato; mentre Ulisse rappresenta l’anima che vuol liberarsi dalla materia, attraversa  acque tempestose, nonostante le varie Circe e Calipso, per ritornare al mondo conosciuto e quindi al Divino. La lettura del commento a “L’antro delle Ninfe” di  Porfirio, nella edizione Adelphi, a cura di Laura Simonini,  edizione del 1983, apre la visione di un mondo realmente al confine tra il racconto poetico di un recente passato, qualche migliaio di anni, e la nostra capacità d’intendere le più recenti scoperte della scienza, della fisica, dell’astronomia come fosse un invito a quel "conosci te stesso" che Porfirio/Plotino interpretano come “un conoscere l’essenza dell’universo, per cui nell'unità dell’anima si risolvono tutte le anime e tutte le cose, le une specchio delle altre”. (“Introduzione a Porfirio”di Giuseppe Girgenti, Laterza, 1997).
La scienza, la  filosofia, la teologia espresse in “poesia”: l’arte della metafora, ed anche secondo Anandavardhana nel suo Dvanyaloka (Einaudi,  ed. 2012) intesa come “ l’arte del non dire”.
Porfirio  lanciò al futuro tre domande fondamentali: 1) se i generi e le specie sono sussistenti di per sé o se siano semplici concetti mentali 2) nel caso che siano sussistenti, se siano corporei o incorporei. 3) se esistano separatamente dalle realtà sensibili o solo in esse.
A queste domande sono state date risposte, secondo me, molto vicine alla verità, a partire da Epicuro/Eraclito passando per Giordano Bruno, Galileo Galilei, Isaac Newton … fino ad Einstein! Una interpretazione, a mio avviso, interessante, è quella di Enrico Bellone, nel suo “Qualcosa la fuori”-

Leggere serve per capire, od almeno per tentare di capire!

giovedì 21 novembre 2013

Lettera alla “ggente”

Cari amici miei,
me compreso, che tutti insieme facciamo parte di quel mondo che in romanesco viene definito come “ggente” . Nei programmi radiofonici, dove il giornalista riceve le nostre domande ed offre le sue risposte, molti di noi non fanno altro che lamentarsi, più o meno giustamente, della situazione politica. Le lamentele  sono, a volte, di natura personale ed a volte riguardano l’intera comunità della “ggente.  Mediamente le risposte dipendono dal padrone della fabbrica per la quale lavora il giornalista. E’ evidente che uno che lavora per una fabbrica di aranciate risponderà sulla base delle sua esperienza, diversa da quella di uno che lavora per una fabbrica di bomboniere! Nel senso che è più attendibile una risposta data con lealtà rispetto alle proprie opinioni, che una risposta data per rientrare nell’accettabilità di un sentire comune. Quello che io vorrei dire a me stesso ed a tutta l’altra “ggente” è che, forse, sarebbe necessaria che la lamentela partisse da un cervello che avesse partecipato sempre alle decisioni comuni.
Il vivere democratico soffre la possibilità di partecipare alle decisioni comuni. E, forse, qui sta l’errore! Non dovrebbe essere una possibilità, ma un dovere! Un dovere che, solo ad esercitarlo, ti offre la possibilità di essere cittadino a tutti gli effetti. Compresi quelli di protestare e lamentarsi.
 Se è vero, come pare che sia vero, che oltre il 30% di noi, “ggente”, decide che sia inutile andare ad esprimere il proprio parere politico attraverso il voto, questa enorme, défaillance di volontà è quella che determina l’origine della lamentela. Andare a votare, e aver votato è l’unica carta di identità valida per accedere ed aver diritto a tutti quei servizi che sono a disposizione della totalità della “ggente”. In altre parole, se vuoi farti curare in un ospedale e lamentarti delle cure ricevute, devi aver votato!
Mi si dirà che votare è un dovere, ma non un obbligo.  Io sostengo che ognuno di noi che voglia far parte della “ggente” deve sentirsi in obbligo ed in dovere di votare. Ovviamente, per chi gli pare. 

martedì 19 novembre 2013

Caro Satana, buon giorno anche a te

Ehi, parlo con te! Non mi rispondi? Non insisto … so perfettamente che non esisti, che non sei mai esistito, né più né meno non sei che un bel ritratto ad olio! Nel tuo caso, un brutto ritratto ad olio! Vorrei sapere da te principalmente questo: se l’uomo non esistesse, te ovviamente non ci saresti,  non esisteresti e dunque, vista la brevità della vita dell’uomo, a te, secondo me, conviene non esistere! Per quanto, un grande francese abituato a sentire il profumo dei fiori del male, sostenne che la tua grande furbizia è far credere alla tua inesistenza! Una battuta, una riflessione quasi satanica, molto divertente e nient’altro! E’ molto tempo che io ho la pretesa di aver capito il perché ti addossiamo tutte le colpe del mondo, facendo di te un capro espiatorio. Un tempo, era un povero caprone che veniva destinato al sacrificio, in un bel Tempio, per l’espiazione dei peccati del mondo. Forse per questo, a volte, sei disegnato con una testa da caprone! Che non è, tra gli animali, uno  dei più intelligenti! Non te ne avere a male, ma detto tra me e te, sei proprio un bel coglione  ad accettare questo enorme peso, facendoti descrivere come unico  promotore di tutti i peccati del mondo! Ah! Dimenticavo già,  tu non esisti se non come risultato tangibile della orrenda cattiveria umana. Gli umani, di per sé, sarebbero buonissimi se non ci fossi te a tentarli, con enorme successo,  a fare ed a farsi del male! Per questo ti hanno inventato. Ascoltami, non potresti, così magari per gioco, giusto per non deludere chi crede in te, darti una bella e significativa mossa! Non fare lo sciocco o lo gnorri, c’è tanta gente che crede in te: molti hanno organizzato eserciti combattenti per farti la guerra, molti pregano che tu sia sconfitto! Altri, i tuoi seguaci, oltre ad inneggiare alle tue vittorie, ammantati dal solito ismo,  da mettere in coda ad uno dei tuoi  tanti nomi, si sono divisi in sette, in gruppi … i realisti, gli acidi e gli spirituali!
Non ti mettere a ridere! Sono cose che, se non le sai, le puoi leggere da tutte le parti, persino on line. Oh! scusa, come fai a leggere se non esisti!
Sinceramente, e con un po’ di sorpresa, mi chiedo come può un cervello umano fatto di neuroni e sinapsi, cose tangibili e misurabili, come fa, dicevo, a pensare ed inventare cose inesistenti? Poi mi rispondo che nemmeno la “parola”, di per sé, esiste, ma è solo un’invenzione che serve per dire, nell'incontrare un nostro simile, “ Oh, te?!”
Allora, non mi distrarre. Volevo chiederti questo: visto ed appurato che tu non esisti, non potresti darti una mossa e fare finta di esistere realmente?! Dal momento che non esisti penso che non ti costerebbe un bel niente e potresti sfruttare al massimo tutte le diavolerie (ops! Pardon!) della più avanzata tecnologia. Ecco cosa dovresti fare:  una apparizione mondiale di grande effetto scenografico! Pensaci. D’improvviso i cieli di tutto il mondo si squarciano con fulmini, lampi infuocati, tuoni e rimbombi su tutto e su tutti, roba da rompere i timpani ed abbagliare gli occhi, e quindi  nel mezzo di tutto questo popò di casino, una voce profonda e, già che ci siamo, infernale, che dice a tutti gli umani che, di tutti i mali dell’umanità,  
NON E’ COLPA TUA!
Una scena apocalittica e fantasmagorica, degna del più grande musical di Broadway!
Che ne dici?! E’ o non è un gran bel suggerimento?! Ascoltami, siccome tu ci hai insegnato che niente si fa per niente, se accetti la mia idea, se la realizzi, non potresti, magari per riconoscenza, metterci una parola buona con il destino, altro tuo ignobile ed inesistente fratello, e farmi vincere tanti bei milioni di euro in una delle qualsiasi lotterie?! … Aggiungo: per dimostrare la tua potenza, dovresti farmi vincere senza che io abbia comprato un qualsiasi biglietto!! E se non lo puoi fare, per la semplice ragione che non esisti … pazienza! Abbiti, comunque il mio buongiorno!!


giovedì 14 novembre 2013

Rigurgiti

 Anche nella patria della liberté, égalité, fraternité ad una signora, ministro di non so cosa, un qualcuno ha suggerito di riprendersi la sua banana. Naturalmente la signora in questione non è pallida, bionda e con gli occhi celesti ma ha una splendida pelle nera.
Molto spesso per ricevere inviti di questo tipo non basta avere un bellissimo colore della pelle, basta essere nato o nata in un immaginario sud, rispetto ad un altrettanto immaginario nord. Come si sa l’immaginazione è senza confini, grosso modo come l’idiozia, anche se spesso questa supera qualsiasi confine. Nonostante tutte le filosofie, tutte le preghiere, che propongono od invocano che venga cancellato dal pensiero umano il concetto di una presunta inferiorità e/o superiorità di un essere umano su un altro,  questa diversità continua ad essere sbandierata come una assoluta verità.  Anche le più approfondite ricerche scientifiche asseriscono la non esistenza di diversità tra gli esseri umani. Oggi, nel 2013, sembra impossibile ma, la differenza di pelle, di luogo di nascita, di fede religiosa riescono a creare esseri umani che di questa assurda diversità ne fanno una bandiera. Dietro cui sono capaci di schierarsi un buon numero di ignoranti, dal verbo ignorare, che hanno la pretesa di identificarsi in tali concezioni. Tra l’altro questa presunta differenza nasce e prolifica anche in società evolute (?) di nazioni liberali e democratiche. Proviamo a domandarci, se e dove, esistono parità di diritti e doveri tra il maschio e la femmina, assolutamente accettati da tutti. Il maschio s’intenerisce e s’inventa le “quote rosa”! La sua idiozia bonaria lo spinge ad accettare che una piccola parte di femmine siedano accanto a lui nelle istituzioni, nei consigli di amministrazione  e via cantando. Il fenomeno di tale presunzione nasce anticamente, dal fatto che l’uomo , fisicamente dotato muscoli in cui identifica la propria forza e la donna, non avendone si ritiene dotata di cose meno difensive od offensive. Che poi l’uomo con i suoi muscoli possa tanto per dirne una ad esempio, nutrire per nove mesi un altro essere umano e poi partorire è da vedersi!

Definiamo nuovamente, se serve, il concetto di forza! Già nella grandiosa Grecia, tal Aristofane, sarcasticamente dileggiava, con la sua Lisitrata, queste situazioni! Così come non si risolveranno ancora per moltissimi anni futuri queste scempiaggini, sarà altrettanto difficile annullare i nord ed i sud, con tutte le loro conseguenze. Fallaci ideologie politiche s’impegnano nella propaganda delle più idiote affermazioni di principi che, storicamente, hanno distrutto intere generazioni di esseri umani. Sembra che non sia stato sufficiente. Accumulatori di capitali economici finanziari, creatori cinici di assurdi moralismi, in cui non credono minimamente, inventano etnie, fedi religioni e quanto di meglio per spingere loro simili, che in realtà disprezzano profondamente, ad uccidere, rapinare, violentare in nome di una loro volontà che farebbe, forse, la felicità di qualche psichiatra più pazzo di loro! Il tutto va sotto la voce “razzismo”. Se fosse possibile cancellerei dalla memoria collettiva questa parola, e cancellarla dai vocabolari metterei un bel cero a qualsiasi madonna!! Per ora e nel mio modo di valutazione dell’esistente, la parola, il concetto e tutto ciò che ne deriva mi procura un rigurgito, per dirla educatamente! In altri termini, mi da il vomito!

martedì 12 novembre 2013

Dell'anima...

Nella mia ultima lettera, naturalmente ed al momento rimasta senza risposta, mettevo tra parentesi una ipotesi. Ed era quella, leggermente antica e miliardi di volte discussa, sull'esistenza dell’anima.
Intanto sono del parere che ogni essere vivente debba, caso mai, riflettere sulla propria, lasciando perdere l’idea di cercare di condizionare gli altri per farli aderire alle proprie scelte. Sono anche dell’idea che ogni cosa, ogni essere vivente, dall'insalata all'ippopotamo sia abilitato, dal fatto stesso che vive, a riflettere su se stesso e sulla propria anima. Se di questa riflessione noi, bipedi, non ne sappiamo niente la responsabilità è nostra che non ci occupiamo di conoscere il loro pensiero. Questo è secondo me un nostro enorme limite: l’insalata la mangiamo, le bestie, quelle che abbiamo deciso essere commestibili, le mangiamo … ma cosa pensano e perché lo pensano a noi non importa un bel niente! Detto questo, che a molti parrà oltre il limite della stupidità, ritorno a bomba! Tra l’altro molti di noi pensano che né l’ippopotamo né l’insalata siano abilitati a pensare. Da come ci comportiamo con loro credo che questo pensiero sia reciproco! Allora! Eccoci alla mia parentesi! Anima: anemos, dicevano i latini, soffio, alito, spirito …   pneuma … così la chiamavano i greci, sempre come respiro, soffio; mentre in sanscrito l’anima è atman. In questo caso c’è da fare una precisazione. Pur avendo in tutte le lingue lo stesso significato di respiro e di soffio, gli indiani, come forse già sai, sempre che tu ci sia, le attribuiscono una stretta parentela con brahaman, come fosse una essenza sostanziale, causa ultima di tutto l’universo. D’altro canto noi esseri viventi compresi  i due esempi di prima, senza respiro non si vive ed il cuore cessa di battere. E, se uno qualsiasi di noi non vive tutto il resto, per lui, è inesistente.
Ora, amico mio silenzioso ed inapparente, accade che questo bipede, reso felice nella propria vita dalla possibilità di respirare e volendo farlo anche dopo la sua morte, si sia inventato una fiaba fantastica per far si che il suo respiro, l’anima, continuasse a vivere. Addirittura disegnando possibilità che questo respiro trasmigrasse in altri esseri viventi per fornire loro, se stesso, e rendersi di questo passo eterno.
Quale migliore sceneggiatore o commediografo avrebbe potuto disegnare una scenografia di tale magnificenza, utile, tra l’altro, a rendere più accettabili le traversie e le angosce del vivere, ed allontanare la paura della morte?! Da qui la presunzione della tua presenza con tutte le conseguenze che ne sono derivate. Ammessa per una curiosa e giustificante ipotesi la tua esistenza e la tua paternità a questo disegno, mi chiedo e, sono tentato di chiederti, dove sei? Noi, cioè l’umanità, senza l’aiuto degli altri esseri viventi summenzionati, continuiamo la ricerca di te, individuando forse sempre erroneamente, il perché sublime di noi stessi. Alla fine della ricerca, se questa avrà fine, credo che non ti troveremo né così come ti abbiamo immaginato né in altro modo, a meno che te o tuo figlio non veniate a cacciare i mercanti dal tempio! Perché essi e solo essi sono gli autori della massima infelicità del genere umano.

*Per approfondire il concetto di anima, vedi “Contrappunto per un futuro remoto”. 

giovedì 7 novembre 2013

Leggero, per troppa profondità - video

Presentazione video del mio ultimo romanzo "Leggero, per troppa profondità", pubblicato con Edizioni Simple nel settembre del 2013. 

Ma dove sei?!

Intanto, mi scusi! Sempre che lei mi ascolti, mi verrebbe più facile, nello scriverle, darle del “tu”! Posso?
Grazie! Procedo con il “tu” anche se, come al solito, osservo che non sento una tua risposta. Qui tutti, e dovunque, ti danno del “tu”. A me dispiace questa eccessiva confidenza con una persona di cui suppongo la non  esistenza! Almeno, che possa esistere in quel disegno classico con cui, nonostante le tante variazioni di colori e di abiti, da che mondo è mondo, tutti gli uomini ti descrivono e dipingono.
Potresti, se tu ci fossi e se tu fossi un po’ più attento, chiedermi il perché ti scrivo, visto che non credo nella tua esistenza. Domanda vanitosa che giudicherei intelligente ed appropriata!
Ed eccoti comunque la mia risposta. Ti scrivo perché mi sono rotto l’anima, sempre che anche quest’ultima dia notizie della sua esistenza! ( ma ne parliamo un’altra volta). Ritengo giusto che tu sappia, almeno da me che sono tra quelli che non credono in te ma che ti rispetterebbero se tu esistessi … che tu sappia, dicevo, che io, cittadino di questo mondo, che chiamiamo Terra, non ne posso più! Ed ecco di che …
Dei confini, dei confini tra territorio e territorio, che limitano la libertà solo agli uomini.
Della divisione tra i popoli, sia in base alla lingua, al colore della pelle, al luogo di nascita, alle svariate fedi che dicono di avere in te.
Di chi si arricchisce salendo, scalino dietro scalino, sulla testa dei propri simili.
Di quegli uomini che ammirano coloro che  salgono sulla loro testa, impoverendoli, ingabbiandoli in fedi incredibili, con ideali impossibili, scalino dietro scalino.
Di quegli uomini che, nascosti dietro la tua antica barba, ne combinano di tutti i colori, inducendo i più deboli a credere in tutto, a far commettere loro i delitti più nefandi, perché confidano nel tuo perdono e misericordia.
Dei vecchi e dei giovani, di questo barbaro computo del tempo che discrimina e divide in fette questa meravigliosa torta della natura, impedendo i giovani ai vecchi e viceversa.
Degli uomini che sono cacciatori e delle donne che sono selvaggina; della divisione in forti e deboli; della divisione in maschi e femmine: diritti, doveri, sessualità, ecc. ecc; di chi  è dichiarato santo e di chi ci crede, sperando di diventarlo; infine in chi tortura e stupra questa Terra!
Di coloro che sostengono, guardandosi in uno specchio, che tu ci hai creati a tua immagine e somiglianza! Sperando, per te, che non sia vero!
Ora, se tu fossi chi dicono tu sia, mi dici cosa fai? Ti stai divertendo snocciolando questa tragica commedia umana, standotene seduto comodamente in poltrona, magari sgranocchiando del pop-corn, senza che ti venga voglia di cambiar canale!?
Oppure, non esistendo come io sostengo, o magari non essendoci come ti descrivono, lo scriverti e rivolgersi a te per una soluzione, è inutile?
Se fossimo noi a cambiare l’immagine che abbiamo di te, forse, potremmo cambiare anche la visione e la conduzione della nostra vita. Così non ci arroghiamo la sciocca idea di  somigliarti!

Credo che noi si sia un concentrato casuale di elementi presenti ovunque in questo universo;  degli altri universi, forse, ma non è dato supporre! Sarebbe molto poetico dare, senza paraventi di nessuno tipo, dare, dicevo, a questo universo il tuo nome e considerare te e noi solamente come parte di esso. Al di là di qualsiasi bene e di qualsiasi male. Comunque sia, per educazione, ti saluto!