Ricordando Luigi Magni
“ Stamo sempre nelle mani sue!” Queste le ultime
parole che Luigi Magni mette in bocca ad uno splendido Nino Manfredi nel film “
In nome del Papa Re” (1976). Un grande regista, Luigi Magni, che per definire
la sua città, Roma, diceva che essa non era una città ma un sentimento!
Sentimento che ha espresso magnificamente nei suoi
film ed in particolare in questo che racconta la storia vera dell’ultima
condanna a morte (1867) di due ribelli al potere temporale, alla dittatura del Papa
Pio IX. In piazza del Popolo, a Roma, una lapide ricorda l’assassinio per decapitazione di due giovani,
Monti e Tognetti. Manfredi interpreta la parte di un cardinale che, presidente
del tribunale ecclesiastico, tenta di difendere gli imputati, Monti e Tognetti,
più un terzo, Costa, che nel romanzare la storia viene descritto come suo
figlio, generato durante il ’48, quando un primo fuoco rivoluzionario agitò le
coscienze. Nel film di Magni, recitano attori di una bravura unica, e quasi più
di tutti, un Salvo Randone, nella parte di uno spietato “papa nero”, grande
capo dei gesuiti. Randone esprime più che con le parole, con una mimica
straordinaria tutta l’ipocrisia del suo ruolo. Luigi Magni, a 85 anni, è morto
a Roma.
“Stamo sempre nelle mani sue”
Non si può, io credo, non vedere nell’opera di
Magni una particolare, affettuosa e triste lettura del presente. La rete
televisiva La 7 ha trasmesso nel pomeriggio di oggi, in memoria di Magni,
questo bellissimo film. Nel rivederlo, con commozione, pensavo che, in fondo, non
sono passati molti anni dalla seconda metà del 1800. Mi è tornata in mente la
lapide di Piazza del Popolo a Roma, che oggi ricorda la spietatezza di quel
tribunale che diceva di agire in nome di Dio.
Quanti “perdono” la chiesa cattolica ha dovuto pronunciare per mettersi
al passo del presente; a quanti ancora ne dovrà urlare al mondo per rendersi, oggi, credibile. Osservo con il massimo
rispetto l’attuale pontefice, ascolto con attenzione le sue parole pubbliche e,
quando capita, leggo delle sue decisioni. Il tutto, se mi è permesso, con la
più atea della mia capacità di comprensione. Fino a poco tempo fa dicevo che se
a qualcuno, in Vaticano, fosse capitato di inciampare in un Vangelo, magari in quello di
Matteo, gli sarebbe presa una crisi di
nervi! Ho avuto nella mia vita l’occasione di avere un colloquio con un
personaggio laico in Vaticano: scale, corridoi, uffici di grande ricchezza,
splendore e gentilezza di accoglienza. Stavo camminando sui luoghi della
storia. Ma quanti ne conoscono a fondo la storia? Ed attraverso questa storia ne
disegnano il presente ed il futuro? Come potrà un solo uomo, che per altro pare,
non solo, abbia avuto il coraggio di chiamarsi Francesco, ma anche di esserlo,
o almeno, di tentare di esserlo, far dimenticare secoli di storia, compreso un ombroso presente? Eppure i
cattolici e con essi i cristiani, a cui aggiungo quasi tutti i seguaci di tante
religioni nate da straordinarie intuizioni filosofiche, che dicevano di
perseguire il benessere dell’umanità, pur avendo in mano i suggerimenti
fondamentali per conseguire i loro fini, li hanno trasformato in strumenti di
guerra, di povertà e di menzogna. Come diceva il personaggio di Manfredi alla
fine del film: Stamo sempre nelle mani sue!
Già, ma dove sono le sue mani?!
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