Mi pare di ricordare di aver visto una immagine de
“La domenica del Corriere” o della “Tribuna Illustrata” che celebravano la
nascita del nuovo secolo, il 1900! Sulle figure di dolci fanciulle, per
l’epoca, discinte, troneggiava la parola “progresso”. Non c’è dubbio che il
secolo scorso sia stato un secolo in cui abbia dominato sovrano il concetto di
“progresso”, con straordinari benefici per gran parte dell’umanità, sia sotto
il punto di vista sociale che medico sanitario. E non solo! Basta pensare ai
mezzi di trasporto, ai progressi della scienza in genere, alla comunicazione …
ce ne sono da elencare ancora decine e decine. Una canzone recitava “Il
progresso ci ha fatto grandi…”. Ancora oggi, tutto ci parla di progresso,
magari con l’aggiunta di un aggettivo, si definisce il progresso come un
qualcosa di sostenibile. Sostenibile nel senso che non debba favorire solo una parte dell’umanità a sfavore ovviamente di
un’altra parte, e non debba continuare a mutilare la terra su cui viviamo e
vivremo. Non solo ma deve avere un indirizzo socialmente accettabile, direi
meglio, laicamente accettabile. Certamente, c’è stato un progresso pagato in
termini di vite umane in modo catastrofico perché le cause abiette di guerre e
rivoluzioni hanno scatenato e continuano anche oggi a scatenare indicibili
carneficine.
Il progresso nell’uso di nuovi mezzi di distruzione
fa rischiare la vita all’intera umanità.
Le organizzazioni religiose, pur avendo, nel loro
nocciolo, il concetto di pace tra gli
uomini, o non riescono a cogliere e denunciare il centro del problema, o per
questioni di interesse non ne parlano, o proprio perché partecipano e fomentano
situazioni belliche. Ancora oggi nel clima di una prevalente globalizzazione si
promuove il concetto di “progresso” come asse portante di governi che, più o
meno democratici, o di industrie, sono impegnati a produrre sia sul loro
territorio che a far produrre in altri luoghi, solo allo scopo di un maggior
lucro possibile.
Produrre progresso.
Il che vuol dire offrire prodotti ad acquirenti,
senza quasi mai intervenire su una verifica dei potenziali di acquisto. Anzi,
molto spesso far gravare sugli stessi, oneri spaventosi utilizzandoli per il
mantenimento dei propri singoli privilegi, oppure, in moltissimi casi per impadronirsi di
beni naturali e non di altri popoli.
Il risultato di questa corsa, che definirei
dissennata, è sotto gli occhi di tutti! Intere popolazioni del pianeta ridotte
alla fame, senza acqua, senza una casa e soprattutto senza un futuro! Nel mezzo,
miliardi di persone che arrancano al limite della povertà ed in molti casi sono
sfruttati nelle produzioni agricole, minerarie ed industriali. Una buona parte
riesce a vivere una discreta vita che definirei “borghese”, con buone
possibilità di crescita, aperta quest’ultima a tutti coloro che riescono con il
proprio ingegno ad arricchire i pochi o ad arricchire loro stessi. Su questa
categoria di umani, come una sorta di grande nuvola, vigilano finanzieri più
importanti che attraverso le loro strutture lecitamente internazionalizzate,
come banche ed altri organismi, hanno il potere di condizionare, guidare e
rendere accettabili dogmi mascherati da principi etico-morali di difficile
logicità, comprensione e contestazione. Ai margini di questa umanità convivono
pochi uomini che con l’aiuto di brillanti intelligenze detengono il vero potere
del mondo, nominando o facendo nominare capi di stato, governo, opposizioni a
quegli stessi governi, inventando sceneggiature, indirizzando filosofie, scelte
economiche e sociali.
Se da un lato chi è colpito da un infarto in
un’area civilizzata ha buone possibilità di sopravvivere, e questo è un ottimo
risultato, altrettanto ottimo come risultato non lo è per chi muore di sete
perché la fonte su cui lui stesso è seduto va a dissetare popoli lontani
migliaia di kilometri!
Il nuovo secolo, il 2100, nelle future ed
elettroniche immagini di nude (questa volta!) fanciulle, potrebbe portare in
luogo della parola “ progresso” la
parola “equità”.
Equità.
Una nuova politica potrebbe invadere il mondo. Non
una utopia. Ma la madre di tutte le utopie! Di tutte quelle speranze di poter
vivere in un mondo in cui valga la pena di esserci venuti! Produrre certo, non per invadere mercati di tutto il mondo ma
per soddisfare esigenze primarie di tutte le popolazioni. Produrre per il
benessere dell’umanità abolendo quelle strutture o come diceva un vecchio
ottocentesco e barbuto, quelle sovrastrutture che gravando sulle spalle di
tutti offrono benefici a pochissimi. Raggiungere tutto ciò attraverso una presa
di coscienza gradualmente invasiva di ogni essere umano su cui non pesino
esclusivamente i bambini morti sotto un idiota bombardamento, ma tutti quegli
esseri umani che vivono in quella estrema povertà intellettuale che non li
rende capaci di capire l’uguaglianza di ogni essere umano.
I tempi sono maturi. La velocità, la quantità delle
informazioni sono elementi determinanti per una maggior coscienza e scienza di
se stessi e del mondo in cui viviamo. Di certo i tempi, come è accaduto nel
corso della storia possono essere costretti a maturare da inusitate carneficine
atomiche, si che i pochi sopravvissuti abbiano la possibilità di cominciare da
capo. L’unica speranza che ciò non accada riposa nel fatto che una cosa del genere
non crea interessi per nessuno. Anche se i pazzi non mancano, proprio come la
storia dimostra.
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