Obiettivo: dire di no!
Mi piacerebbe poter chiedere ad un assassino se
fosse stato cosciente o no dell’omicidio mentre lo commetteva, oppure prima o dopo di commetterlo. Se è un assassino
“onesto” dirà che era cosciente di ciò che faceva, o progettava o aveva fatto.
Se apparentemente pentito, risponderà mettendo in campo tutte le fresche
frasche possibili: vendetta, gelosia, passione, potere, denaro e chi più ne ha
più ne metta. Tutte utili a chi ne prende le difese, ed a lui per farsi credere povero innocente. Sia che la vittima
sia una o le vittime siano milioni, in caso di guerre, comunque e mai
giustificabili. Dopo gli chiederei se era al corrente del fatto che l’uccidere
è vietato fin dai tempi di Caino.
A cosa serve vietare? E’ molto più facile vietare
che educare!
Educare, quasi che questa parola fosse una sintesi
di un pensiero che volesse significare un condurre dall’ esterno, un “ducere”,
come “condurre”, ma “e”, dal di fuori. Senza l’imposizione di dover dimostrare
a parole l’aver capito, Questo perché non basta dire di aver capito.
Per fare una operazione del genere, che abbia cioè
questa filosofia interna, bisogna necessariamente che il docente abbia una
visione panoramica del sapere, vivendolo ma stando al di sopra della propria
specifica materia in cui ha approfondito la propria conoscenza e della quale si
rende docente.
Trattasi di un famoso chirurgo, di un’ acclamato
urbanista, di un artigiano al limite dell’artista, di un uomo qualunque … non è
più possibile che sia chi pensa di
essere se non è stato incuriosito dalle mille strade della conoscenza, e ne ha percorse
tante, anzi tantissime: e, magari ne è stato illuminato.
Come può un medico curare un malato se conosce solo di medicina, e non di storia della medicina, di filosofia, di storia delle religioni,
di musica, e già che ci siamo di
anatomia, di psicologia … volendo anche di botanica e di archeo-paleontologia!
Un architetto … progettare una casa se non sa … anche di matematica, di
edilizia, ancora di musica, di storia dell’ uomo e della sua evoluzione, di
sociologia e, già che c’è, anche,di tecnica di costruzione! Lo stesso dicasi per un impiegato di banca,
per un funzionario della Posta, persone che devono ascoltare, capire chi non sa
esprimersi correttamente, chi chiede una cosa ma in realtà forse ne vuole un’altra.
Come può un giovane o una giovane affrontare il proprio innamorarsi, senza
sapere, oltre a tutto quello su elencato, anche la storia dell’amore e
dell’amare?! Che, al di là dei sensi, non sia in grado di interrogarsi.
Uno dice: la scuola: come se la scuola non fosse
che una trasfusione di sapere nelle vene, come un travaso di sangue! La scuola
ti da se te le dai! Al limite ti prepara ad essere. Sta a chi ascolta l’imparare.
Certo che non deve essere impregnata di un unico sapere, di una conoscenza
basata, quando va bene, sui sogni, le illusioni o come spesso capita
sull’inganno. Le sue pareti devono essere bianche, senza orpelli, senza violenze
e imposizioni ideologiche. Dov’è, questa scuola?
Direi,
dentro di noi, nella nostra capacità di dire di no, ai luoghi comuni, alle frittate già cotte e mangiate, alla pigrizia del conoscere. Anche se per questo
occorreranno secoli di libertà. Io lo so! Ci siamo vicini!
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